CASTELLO DI SIRMIONE

Castello di Sirmione

Il Castello Scaligero di Sirmione è una rocca di epoca scaligera, unico punto d’accesso al centro storico. Si tratta di uno fra i più completi e meglio conservati castelli d’Italia, oltre che raro esempio di fortificazione lacustre. Ha un particolare molto importante: si affaccia sul lago di Garda e la darsena ne contiene una piccola parte.

Per entrare nel castello è obbligatorio (non vi sono altre entrate) passare dal ponte levatoio, la fortezza è infatti costeggiata da tutti i lati dal lago di Garda.

ORARI DI APERTURA CASTELLO DI SIRMIONE

Telefono per conferma prezzi, aperture ed orari estivi ed invernali
030 916468
Indirizzo: P.za Castello, 34, 25019 Sirmione BS
Orari della settimana
Lunedì
09–13
Martedì
08:15–19:15
Mercoledì
08:15–19:15
Giovedì
08:15–19:15
Venerdì
08:15–19:15
Sabato
08:15–19:15
Domenica
08:15–13
PREZZI BIGLIETTO INGRESSO CASTELLO DI SIRMIONE
Il biglietto singolo d’ingresso al Castello Scaligero di Sirmione costa 6 euro. Ingresso
Pezzo biglietto ridotto 3 euro dai 18 ai 25 anni.
Ingresso gratis per gli studenti
Biglietto cumulativo ad euro 14 comprensivo di ingresso alle Grotte di Catullo e Villa Romana.

STORIA DEL CASTELLO DI SIRMIONE

Il Castello Scaligero di Sirmione è uno straordinario esempio di fortificazione lacustre e una delle più spettacolari e meglio conservate rocche scaligere del Garda. Edificato dopo la metà del Trecento, prende il nome dalla famiglia Della Scala che dominò su Verona e il suo territorio tra XIII e XIV secolo. Appartiene al castello una darsena che ancora oggi racchiude una piccola porzione del lago.

La famiglia Della Scala governò su Verona e il suo territorio dal 1259 al 1387: le caratteristiche architettoniche del castello sono riconducibili al periodo di Cansignorio e di Antonio II Della Scala, ossia al 1360-1380 circa, e la rocca fu presumibilmente costruita nell’arco di alcuni anni, ma secondo un progetto unitario, che la dotava anche di un porto fortificato, la darsena, dove accogliere la flotta.

Dal XVI secolo l’importanza di Sirmione come postazione difensiva diminuì a favore della fortezza di Peschiera del Garda. Nei secoli successivi, in epoca napoleonica e poi sotto la dominazione austriaca, il castello fu utilizzato come deposito di armi e vettovaglie e alloggio per le truppe. Successivamente, ospitò gli uffici comunali, l’ufficio postale, l’alloggio dei Carabinieri e un piccolo carcere.

L’aspetto attuale fu definito nel corso dei restauri eseguiti dopo il 1919.

LA FORTEZZA DEL CASTELLO DI SIRMIONE

Il Castello Scaligero è simile per tipologia ad altre fortezze coeve presenti nel territorio. Tipiche dell’architettura scaligera sono le torri scudate, ossia aperte verso l’interno, mentre la darsena è un eccezionale esempio di fortificazione portuale del XIV secolo.

Il bacino interno fu interrato dall’accumulo di detriti nel corso dei secoli, per diventare completamente calpestabile nell’Ottocento. Solo in seguito agli interventi di restauro iniziati nel 1919 tornò ad accogliere l’acqua del lago al suo interno, per essere aperta ufficialmente al pubblico nel marzo 2018, grazie a un restauro promosso dal Polo Museale Regionale della Lombardia.

PONTE LEVATOIO CASTELLO DI SIRMIONE

L’ingresso al castello avviene attraverso un rivellino, una struttura che protegge la porta della fortificazione, affacciato sulla piazza del borgo di Sirmione. Il ponte era un tempo levatoio. Dal cortile principale, attraverso la torre sud-ovest, si accede ai camminamenti di ronda che percorrono i quattro lati del cortile principale attraversando le tre torri angolari.

IL MASTIO DEL CASTELLO DI SIRMIONE

Dal lato meridionale dei camminamenti si accede al mastio, alto ben 37 metri, in origine abitazione del castellano e affiancato dal dormitorio per i soldati, il cassero. I merli del mastio sono stati tutti ricostruiti nel restauro del 1920 circa e dalla cima della torre si gode un’indimenticabile veduta panoramica del lago di Garda.

LA DARSENA DEL CASTELLO DI SIRMIONE

Dai cortili secondari si accede alla darsena, il porto nel quale riparavano le flotte scaligere e veneziane, un eccezionale esempio di fortificazione portuale del XIV secolo. La darsena ha una forma irregolare, forse studiata appositamente per proteggere lo specchio d’acqua al suo interno dal vento di tramontana, il “pelèr”.

LA LEGGENDA DEL FANTASMA DEL CASTELLO DI SIRMIONE

La rocca scaligera di Sirmione, uno dei luoghi più gettonati dai turisti della provincia di Brescia, è stata palcoscenico di un efferato duplice omicidio che trascina ancora oggi con se’ gli strascichi del suo orrore.
Al centro di questo duplice omicidio c’è però una nobile e sincera storia d’amore, rovinata dalla crudeltà dell’essere umano. Il fantasma che ancora oggi si aggira fra le antiche mura del castello di Sirmione è quello di un nobile di nome Ebengardo, morto senza aver mai colmato il vuoto lasciato dalla sua amata Arice.
L’anima senza pace di Ebengardo infesta Sirmione: c’è chi giura di averlo visto camminare o al galoppo del suo cavallo, a presidiare le mura del castello che tetro veglia nelle notti tempestose sul lago di Garda.

Il castello scaligero di Sirmione fu costruito dal re Mastino I della Scala intorno al tredicesimo secolo con finalità difensive: Sirmione era infatti una città di confine e quindi particolarmente esposta agli attacchi nemici.
Almeno a suo tempo, non si trattava quindi esattamente di un castello per gite fuori porta ad ammirare le bellezze del lago di Garda. Nonostante ciò, all’interno della rocca, Ebengardo e Arice, i due giovani protagonisti di questa storia, erano comunque riusciti a ritagliarsi i propri spazi creandosi un rifugio sereno dove coltivare la loro storia d’amore. La vita di Ebengardo sembra dunque felice, ma qualcosa di orribile la stravolgerà arrecandogli un dolore eterno.

La tragedia incombe sull’esistenza di Ebengardo e si manifesta nelle fattezze di un nobiluomo veneto, sconosciuto ai due ma che in qualche modo sarà loro legato per l’eternità.

Il marchese Elaberto di Feltrino era un uomo di bell’aspetto, che ispirava una certa sicurezza in chiunque vi si imbattesse.

Durante una notte invernale funestata da una pioggia incessante e battente, costui bussò alla porta della rocca di Sirmione al galoppo del suo destriero, chiedendo alloggio fino all’alba del giorno seguente.
Ebengardo e Arice mossi a compassione decisero di mettere a disposizione del loro ospite la grande dimora nella quale vivevano.

Il fato volle che Arice, donna affascinante e aggraziata – o almeno così ce la descrivono le cronache – esercitasse nel nobile Elaberto un sentimento talmente forte da non poter essere domato.
Bastarono pochi sguardi e le attenzioni che una gentile padrona di casa riserverebbe ad un qualsiasi ospite in difficoltà, per far innamorare perdutamente il marchese. Ma non si trattava di un amore platonico: Elaberto intendeva dare uno sfogo ai suoi desideri e così, notte tempo, raggiunse la bellissima Arice nei suoi appartamenti del castello. Fece di tutto per corteggiarla, ma poiché il suo cuore apparteneva ad Ebengardo, la nobildonna fu irremovibile. Elaberto però non accettò il rifiuto e dopo aver fallito anche con un approccio più carnale e manesco, accecato dall’ira estrasse un pugnale e la uccise.

Le urla di Arice destarono dal letto Ebengardo che con una corsa folle e disperata cercò di raggiungere la camera da letto della ragazza. Il cavaliere arrivò troppo tardi per salvarla, ma in tempo per cogliere sul fatto il suo assalitore, ancora con il pugnale sanguinante fra le mani. I due ingaggiarono una lotta feroce nella quale Ebengardo ebbe la meglio riuscendo ad uccidere Elaberto con il suo stesso pugnale.

La vendetta non risanò però le ferite dell’anima di Ebengardo dilaniata dal dolore, costretto a rinunciare per sempre alla sua donna amata. Come un derelitto, prigioniero nel suo stesso castello, Ebengardo si rifugiò fra quelle mura in attesa che il tempo consumasse il suo corpo, lontano dal calore della voce di Arice e senza più speranze.

Morì, solo, ma nemmeno la morte riuscì a porre fine alle sue sofferenze.

Ancora oggi c’è chi giura di aver visto il fantasma di Ebengardo, aggirarsi fra le mura della rocca Scaligera afflitto.
Egli è indossa abiti scuri, come era usanza per i cavalieri dell’epoca.

Piange ed è inconsolabile: non riesce a trovare pace perché in quella maledetta notte di 700 anni fa non fu in grado di salvare l’amore della sua vita.